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Testo d’approfondimento
Durante la Seconda guerra mondiale, nell’aprile 1941 Germania, Italia e Ungheria invadono la Jugoslavia, la sconfiggono e la smembrano. L’Italia annette la provincia di Lubiana e la Dalmazia e occupa militarmente il Montenegro e parte della Croazia.
Le autorità italiane avviano subito la fascistizzazione della provincia di Lubiana e l’italianizzazione forzata di tutta Dalmazia.
Contro gli occupatori ha presto inizio la ribellione promossa dal movimento partigiano a guida comunista, il cui leader è Josip Broz, detto Tito. La lotta di liberazione si fonde con una guerra civile che vede gli stessi partigiani battersi contro i domobranci (domobranzi) sloveni, gli ustaša (ustascia) croati (entrambi alleati di tedeschi e italiani) e i četnici (cetnizi) serbi (alleati degli inglesi, ma sostenuti dagli italiani contro i partigiani). Ciò determina una terribile ondata di violenza, che coinvolge le forze armate italiane. Queste tengono comportamenti contraddittori: proteggono alcune componenti della popolazione, come gli ebrei e molti civili serbi, mentre ne reprimono duramente altre. Guerriglia e lotta antipartigiana vedono una recrudescenza di episodi di atrocità.
Da parte italiana largo uso viene fatto di rastrellamenti, devastazioni, rappresaglie sanguinose e deportazioni di massa della popolazione dalle zone in cui più forte è la presenza partigiana. Nei campi di concentramento, dove la mortalità è in alcuni casi assai elevata, vengono internate molte decine di migliaia di persone, in maggioranza anziani, donne e bambini. Particolarmente famigerati sono i campi di Arbe/Rab (un’isola della Dalmazia) e di Gonars, in Friuli.
Documenti
- Documenti riguardanti la repressione italiana in Jugoslavia e nella Venezia Giulia
- Testimonianze sulle torture da parte dell’ispettorato speciale di PS per la Venezia Giulia
- Testimonianze riguardanti deportazioni di sloveni e croati nei campi di concentramento italiani
- Testimonianze sulla distruzione di Zara da parte dei bombardamenti alleati