Il confine più lungo. Affermazione e crisi dell’identità adriatica
Dal fiume Isonzo, giù lungo la costa istriana e dalmata, fino alle bocche di Cattaro.
È questa la stretta fascia di territorio dove fra ‘800 e ‘900 è avvenuto il processo di formazione parallela e competitiva dell’italianità e dello jugoslavismo. I due movimenti hanno continuato a confliggere, con esiti tragici, fin oltre la metà del secolo scorso. Tale urto costituisce il tema della mostra, che rivela il carattere ambivalente della costruzione delle identità nazionali: uno dei fenomeni caratteristici della contemporaneità, generatore di virtù civiche e motore di lotte per la libertà, che però può condurre a conseguenze catastrofiche.
Un esito del genere si è rivelato particolarmente frequente e devastante nei territori plurali, cioè nelle aree abitate in epoca pre-nazionale da popolazioni diverse per lingua e tradizioni. Queste, nella fase della nazionalizzazione di massa tardo ottocentesca e novecentesca sono divenute oggetto di politiche di omogeneizzazione così radicali da stravolgere la fisionomia del popolamento, fino ad arrivare a terribili semplificazioni.
Sotto questo profilo le vicende dell’Adriatico orientale rivestono – purtroppo – un carattere esemplare: l’affermazione e la crisi dell’italianità adriatica costituiscono la testimonianza a noi più vicina di una delle grandi tragedie europee del secolo scorso.