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Bazovica
Mi smo ubežniki, mi smo izgnanci,
cesta nam sestra je, brat nam je glad.
Matere v sužnosti, v ječah pa znanci,
mi pa verujemo v našo pomlad.
Čuje se krik gorja po Primorju,
Istra nas čaka, Goriška in Kras.
Bratje, svetlika se na obzorju,
strnite vrste, bliža se čas.
Kmalu pokliče nas Trst in Gorica,
divje odmeval bo krik sred noči
in maščevana bo Bazovica,
ob zori krvavi nebo zažari.
Basovizza
Siamo fuggiaschi, siamo esiliati
Strada e fame sono nostre sorelle.
Le madri in schiavitù, i conoscenti in cella,
ma noi crediamo nella nostra primavera.
Un urlo di orrore si sente nel Litorale,
l’Istria ci attende, il Goriziano e il Carso.
Fratelli, l’orizzonte inizia a rischiarare,
serrate i ranghi, il tempo è vicino.
Presto ci chiamerà Trieste e Gorizia,
un urlo selvaggio riecheggerà nella notte
e Basovizza sarà vendicata,
il cielo s’infiamma dell’alba sanguinosa.
La traduzione italiana è da intendersi come strumento per consentire a un lettore italiano di comprendere il senso dell’originale.
Testo d’approfondimento
La politica fascista non ottiene del tutto il suo scopo. I ceti urbani subiscono il processo di italianizzazione, ma nelle campagne le masse slovene e croate mantengono la loro identità, spesso grazie all’attenzione dell’unica parte del ceto intellettuale che può, con difficoltà, continuare a operare: il clero. Fra popolazione slava e istituzioni dello Stato italiano si apre un abisso, mentre prende corpo l’irredentismo sloveno e croato. Al suo interno si formano anche gruppi armati, promossi da ex dirigenti di organizzazioni giovanili sciolte dal regime. Il principale è il TIGR, che prende il nome dalle iniziali delle province rivendicate dagli jugoslavi: Trst (Trieste), Istra (Istria), Gorica (Gorizia), Rijeka (Fiume). Colonna portante dell’associazionismo clandestino, che si articola in vari soggetti sul territorio (denominati “Organizacija”, di stampo più propagandistico, nel Goriziano, e “Borba” ovvero “Lotta”, nel Triestino) sono i giovani delle organizzazioni culturali e sportive disciolte dal fascismo fra 1926 e 1927. Il TIGR si ispira all’IRA (l’esercito repubblicano irlandese), diffonde stampa clandestina, collabora con il movimento antifascista italiano Giustizia e Libertà, fornisce informazioni ai servizi segreti jugoslavi e compie, tramite l’azione della “Borba”, alcune serie di attentati. Bersagli principali sono le scuole italiane che hanno sostituito quelle slovene e croate e persone di origine slovena e croata che collaborano con le autorità italiane. Maggior clamore suscitano però le bombe poste a Trieste al faro della Vittoria ed alla sede del giornale fascista «Il popolo di Trieste», dove un redattore rimane ucciso.
La repressione fascista colpisce duramente l’organizzazione. Dopo una vasta campagna di arresti, nel settembre del 1930 il Tribunale speciale per la difesa dello Stato si trasferisce a Trieste per celebrarvi un processo che vede 18 imputati. Il procedimento si conclude con quattro condanne a morte, che vengono eseguite all’alba del 6 settembre a Basovizza, località del Carso alle spalle di Trieste. A partire dal secondo dopoguerra il sito, monumentalizzato, è divenuto uno dei principali luoghi della memoria slovena antifascista.
Negli anni Trenta l’attività clandestina si riduce per due ragioni. La prima, lo scompaginamento dovuto ai provvedimenti di polizia. La seconda, il miglioramento dei rapporti, precedentemente assai tesi, fra Italia e Jugoslavia. Si arriva infatti agli accordi Ciano – Stojadinović del 1936 e, in tale ambito, il governo di Roma congela il sostegno fino a quel momento offerto ai terroristi croati ustascia, mentre il governo di Belgrado prende le distanze dai gruppi irredentisti sloveni e croati operanti nella Venezia Giulia.
Le azioni clandestine riprendono vigore alla fine del decennio, dopo la nuova crisi nei rapporti italo-jugoslavi e l’avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania nazista. I nuovi gruppi vedono la confluenza di elementi nazionalisti e comunisti – questi ultimi guidati dal giovane intellettuale triestino Pinko Tomažič – associano la propaganda ad attentati contro le reti ferroviarie in Italia ed in Austria e collaborano, oltre che con i servizi jugoslavi, anche con quelli britannici. La repressione fascista colpisce ancora: la rete clandestina viene smantellata e nel dicembre 1941 a Trieste viene celebrato un nuovo processo del Tribunale speciale, che si conclude con 9 condanne a morte, di cui quattro commutate in ergastolo. Complessivamente, durante il fascismo contro cittadini italiani di lingua slovena e croata vengono comminate 33 condanne a morte, di cui 9 eseguite.