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Testo d’approfondimento
Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo sferra l’offensiva finale contro i tedeschi. L’obiettivo dell’operazione è quello di raggiungere il fiume Isonzo prima degli anglo-americani ed occupare i territori rivendicati come premessa per la loro annessione. Gli alleati invece non hanno come priorità la Venezia Giulia; però, quando il fronte tedesco in Italia cede, decidono di aver bisogno del porto di Trieste per sostenere l’avanzata verso l’Austria. Di conseguenza, alla fine di aprile i due eserciti lanciano la «corsa per Trieste».
Arrivano per primi gli jugoslavi della IV armata, che entrano a Gorizia e Trieste il 1° maggio, ma non ottengono la resa dei tedeschi, asserragliati in capisaldi come il castello di San Giusto e il tribunale. Il 2 maggio arrivano anche le prime unità neozelandesi dell’VIII armata britannica, cui invece si arrendono gli ultimi distaccamenti germanici.
Gli jugoslavi instaurano comunque la loro amministrazione comunista, ma i governi alleati protestano.
È la «crisi di Trieste», il primo conflitto diplomatico del dopoguerra in Europa. Inglesi e americani sospettano che dietro la Jugoslavia si nasconda il tentativo sovietico di impadronirsi del porto di Trieste, dall’elevatissimo valore strategico: perciò, mentre trattano con Tito, si rivolgono direttamente a Stalin.
Il leader del Cremlino non intende farsi coinvolgere in una contesa con gli alleati per una posizione periferica rispetto agli interessi sovietici, e quindi spinge gli jugoslavi ad accettare la trattativa, anche se ciò significa rinunciare all’occupazione di Trieste in attesa delle decisioni della conferenza della pace. La crisi si conclude dunque il 9 giugno con l’accordo di Belgrado: la Venezia Giulia viene provvisoriamente divisa in una zona A sottoposta ad un governo militare alleato, ed una zona B affidata ad un governo militare jugoslavo.