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Testo d’approfondimento
Le decisioni della conferenza della pace, rese note nell’estate del 1946, gettano nel panico la popolazione di Pola. Nella primavera del 1945 la città istriana è stata amministrata dagli jugoslavi per 40 giorni, mentre dopo l’accordo di Belgrado è stata affidata ad un governo militare alleato. Per più di un anno, la vita della città è stata scandita da continui conflitti tra la maggioranza pro-Italia e una minoranza pro-Jugoslavia: la radicalità dello scontro ed il ricordo pauroso dei
«40 giorni» – segnati da arresti, deportazioni, violenze e infoibamenti – convincono gli italiani di non poter sopportare nuovamente l’amministrazione jugoslava. Perciò, quando la popolazione apprende che Pola dovrà passare alla sovranità jugoslava, si fa rapidamente strada fra gli italiani l’idea di abbandonare la città.
Un’ulteriore spinta alla partenza viene impressa dall’esplosione di un deposito di munizioni avvenuta il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla che provoca alcune decine di morti e più di un centinaio di feriti. Della strage vengono sospettati gli jugoslavi.
Scatta quindi la decisione collettiva di andarsene, prima che si insedino le autorità jugoslave. Il governo italiano è perplesso: preferirebbe infatti che la popolazione italiana rimanesse sul posto, in modo da poter in seguito chiedere una revisione del trattato di pace, ma deve accettare la decisione dei polesani. L’esodo ha dunque inizio nel dicembre 1946 in condizioni difficilissime, vista la stagione e la necessità di sgombrare la popolazione per nave; ad ogni modo, nel giro di pochi mesi la città si svuota quasi totalmente.