Stazione Transalpina, 1947.

28. Città divisa, città riunificate? Gorizia e Nova Gorica

Il trattato di pace divide in due parti la città di Gorizia. Il nuovo confine separa con il filo spinato le case dalle stalle, i cortili dagli orti, persino un cimitero di periferia, che viene tagliato in diagonale. Il capoluogo perde il 90% del suo entroterra e la sua funzione storica all’incrocio fra l’alta valle dell’Isonzo e quella del Vipacco. Solo gli ingenti insediamenti militari, assieme ad altrettanto ingenti aiuti di Stato, riescono a ricostruire la popolazione e l'economia di Gorizia e dell'Isontino. Contemporaneamente, l’entroterra storico è rimasto senza un centro di riferimento e ciò spinge la Jugoslavia realizzare una nuova città, Nova Gorica, in cui collocare tutti i servizi rimasti in Italia assieme alle strutture economiche e produttive. Il nucleo generativo è quello dei due borghi periferici di Salcano e di San Pietro, passati alla Jugoslavia, e la nuova città si sviluppa nello spazio fisico ad ovest della ferrovia transalpina, rimasta in Jugoslavia.

Testo d’approfondimento

Il filo spinato che dal 1947 divide a zig-zag la città di Gorizia da Salcano e San Pietro, e poi da Nova Gorica, diventa uno dei simboli della “guerra fredda” ed un vero e proprio “muro” che separa una comunità storicamente abituata alla convivenza fra popoli diversi (latini, tedeschi e slavi).

Mentre le rispettive forze armate vigilano su di un confine fortemente militarizzato, già a cavallo degli anni ‘50 nella società civile delle due città si segnalano fermenti nuovi. Particolarmente attivi sono i cattolici democratici che si ispirano a mons. Faidutti (cristiano-sociale attivo prima della Grande guerra) ed agli arcivescovi Sedej e Fogar, strenui oppositori della “bonifica etnica” fascista. Il loro progetto è quello di trasformare il confine da barriera a luogo di incontro fra tutte le genti del Goriziano, valorizzandone gli apporti espressi nelle loro quattro lingue materne:
in ordine di quantità sloveno, friulano, italiano e tedesco.

Fra di loro si distinguono il friulano Rolando Cian, ex partigiano osovano ed uno dei protagonisti dell’azione a favore del mantenimento di Gorizia in Italia, ed il sindaco Michele Martina, che trova un interlocutore nel sindaco di Nova Gorica, Josko Štrukelj.
Nella medesima direzione va nel 1966 la fondazione dell’Istituto per gli incontri mitteleuropei e nel 1968 quella dell’Istituto internazionale di sociologia, promotori della collaborazione transfrontaliera e del dialogo interculturale oltre la “cortina di ferro”.

Effettivamente la collaborazione decolla, nei limiti permessi dalla diversa struttura politica ed economica dell’Italia e della Jugoslavia, ma è dopo l’indipendenza slovena che l’utopia dell’integrazione delle due Gorizie si avvia a diventare realtà.
Il 30 aprile 2004 l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea viene celebrato dal presidente della Commissione europea, Romano Prodi, proprio sulla piazza della ferrovia transalpina, già divisa dal filo spinato. Negli anni successivi fra le due città si avviano esperimenti di integrazione fra i rispettivi servizi mentre sul piano culturale l’impegno a trasformare il territorio in un laboratorio europeo sull’incontro fra diversità, trova il suo suggello nella proclamazione di Gorizia e Nova Gorica quali Capitali europee della cultura 2025.

Documenti

  • Verbale della riunione fra le delegazioni dei comuni di Goriza e Nova Gorica 1965

Documentario su Rolando Cian

I parte

II parte

III parte

IV parte

Intervista a Michele Martina e Jožko Štrukelj 

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