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Testo d’approfondimento
Subito dopo la dipartita dai luoghi d’origine, istriani, fiumani e dalmati trapiantati in Italia o all’estero e spesso a contatto anche con dialetti o idiomi non immediatamente comprensibili, si ritrovano periodicamente, per mantenere vivi i legami di solidarietà e di comunanza, ricomponendo per quanto possibile il tessuto sociale che si è lacerato. Viste le tradizioni e le motivazioni che li hanno spinti all’esodo, si radunano specialmente in occasione delle ricorrenze dei santi patroni che uniscono gli esuli provenienti dalle stesse cittadine ma ora residenti in luoghi anche abbastanza lontani tra loro. Si organizzano così gruppi spontanei di ritrovo, di assistenza e tutela degli esuli: “liberi comuni istriani”, “comunità” e “famiglie” che portano il nome delle cittadine istriane e si affiancano proprio con compiti associativi al Comitato di Liberazione Nazionale che dal 1945 organizza la vita politica degli italiani d’Istria. Col trascorrere degli anni e dei decenni sono oltre un centinaio le associazioni di questo tipo, in Italia e nel mondo.
Lo stesso accade a Trieste, dove il numero degli esuli è maggiore che in qualsiasi altro luogo e dove la vicinanza ai luoghi abbandonati non rende meno duro l’esilio, ma anzi, mantiene in piedi più a lungo la speranza del ritorno nelle terre lasciate oltreconfine.
Ben presto le associazioni stampano bollettini e periodici che rendono partecipi i lettori delle vicende degli esuli.
Terminato il compito politico organizzativo dei CLN, quello giuliano passa la mano, per gli scopi associativi e culturali, all’Associazione delle Comunità Istriane, il cui organo di stampa è il quindicinale “La nuova Voce Giuliana”, distribuito da oltre cinquant’anni a quasi quattromila abbonati, in Italia e all’estero.
Negli ultimi lustri per presentare le annose istanze degli esuli al governo italiano in modo unitario e quindi più incisivo, viene fondata la Federazione delle Associazioni istriane, fiumane e dalmate che riunisce appunto gran parte dei sodalizi degli esuli e a cui se ne affiancano ancora altri con scopi simili. Una delle questioni più spinose è quella dei “beni abbandonati” che l’Italia ha ceduto alla Jugoslavia quale debito di guerra e ne ha risarcito solo in parte i legittimi proprietari, esodati. Ma ci sono anche le importanti istanze relative al mantenimento delle tradizioni e alla divulgazione delle vicende del confine orientale.