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Addio mia bella addio
La leggenda del Piave
Gorizia tu sei maledetta
Oj, Doberdob
Oj Doberdob, oj Doberdob,
slovenskih fantov grob.
Kjer smo kri prelivali
za svobodo domovine,
kjer smo jih pokopali,
slovenske fante.
Oj Doberdob, slovenski grob!
Oj Doberdob, slovenski grob!
Oh, Doberdò
Oh Doberdò, oh Doberdò,
tomba dei ragazzi sloveni.
Qui versammo il sangue
per la libertà della patria,
qui seppellimmo
i ragazzi sloveni.
Oh Doberdò, tomba slovena!
Oh Doberdò, tomba slovena!
La traduzione italiana è da intendersi come strumento per consentire a un lettore italiano di comprendere il senso dell’originale.
Testo d’approfondimento
Per l’Italia il fronte principale della Prima guerra mondiale è quello «giulio» che corre lungo l’Isonzo e sul Carso. In 11 successive battaglie combattute dal 1915 al 1917 la linea dei combattimenti si sposta solo di pochi chilometri, ma le perdite italiane, tra morti, feriti e dispersi, ammontano a circa 800.000 uomini. Da parte loro, gli austriaci perdono circa 640.000 uomini. Cime come quelle dell’Hermada, del San Michele, del Sabotino, del San Gabriele, del Mrzli, del monte Nero, del Rombon, diventano sinonimi di epopea e di massacro.
Anche i civili sentono il peso della guerra. Dalle zone vicine al fronte il governo austriaco ordina l’evacuazione di 120-140.000 persone provenienti dal Litorale, che vengono sistemate in diversi campi di raccolta nel cuore dell’Impero. Dopo anni di privazioni, quando torneranno alle loro case le troveranno distrutte dai combattimenti. È questa ad esempio la sorte di Gorizia, che viene quasi completamente rasa al suolo. Nel caso degli sloveni, lo stesso ritorno a casa sarà reso più difficile dallo stabilimento della linea di demarcazione dei territori controllati dall’esercito italiano: fra il Litorale e le regioni centrali slovene inizia a profilarsi subito dopo la guerra una barriera che verrà percepita dagli sloveni come traumatica.
È durante la Grande guerra che si compie il processo di nazionalizzazione delle masse italiane. Anche se le ragioni principali del conflitto sono legate alla politica di potenza, oltre cinque milioni di italiani di ogni parte del Paese si battono assieme per anni in nome di Trento e Trieste. La Venezia Giulia ed in particolare il suo capoluogo diventano così, anche a livello popolare, il simbolo del compimento dell’unità nazionale ed uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana. Emblemi di tale sentire diverranno i cimiteri monumentali che nel dopoguerra verranno eretti nei pressi del fronte, primo fra tutti il sacrario di Redipuglia.