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Nabucco: Va pensiero
Inno all’Istria
Testo d’approfondimento
Con ritmi diversi e per diverse vie, le comunità italiane a Fiume e in Istria arrivano dunque tutte alla medesima conclusione:
è impossibile mantenere l’identità italiana rimanendo in Jugoslavia.
La soluzione è l’esodo, e la decisione in un gran numero di casi non è individuale ma collettiva: sono interi paesi, o città, che si sentono costretti ad andarsene.
Lo strumento utilizzato è quello del diritto di opzione. Il trattato di pace prevede infatti la possibilità per gli italiani residenti nei territori ceduti di optare per la cittadinanza italiana e trasferirsi in Italia. Di tale possibilità decide di usufruire la larghissima maggioranza degli italiani, i quali abbandonano così in massa il loro territorio di insediamento storico.
Al loro arrivo in Italia, gli esuli trovano un Paese immerso nella povertà del dopoguerra e impreparato ad accoglierli. Incontrano perciò talvolta ostilità – ad esempio da parte di militanti comunisti allo sbarco a Venezia ed alla stazione di Bologna – ma anche gare di solidarietà da parte della popolazione e istituzioni locali. Vengono comunque sventagliati in decine di località diverse, vedendo talvolta compromessa anche l’unità delle famiglie; devono sopravvivere per lunghi anni in misere condizioni nei campi profughi; sperimentano la difficoltà di trovare una nuova occupazione per sé e per i propri figli; molti non resistono alle privazioni ed alla mancanza di prospettive e prendono la via dell’emigrazione, specialmente nelle Americhe ed in Oceania.
Solo alla fine degli anni Cinquanta una serie ben coordinata di provvedimenti governativi e l’esplodere del boom economico garantiranno la piena integrazione degli esuli giuliano-dalmati nella società italiana. Molti di loro riusciranno quindi a guadagnarsi posizioni di rilievo, in Italia e nei luoghi di emigrazione, mentre invece fino a tempi recentissimi rimarrà in ombra la memoria della loro tragedia collettiva.