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Testo d’approfondimento
Nell’ottobre 1943 i tedeschi, consolidato il proprio controllo del territorio, danno vita alla Zona di operazioni Litorale Adriatico, comprendente tutti i territori a cavallo delle Alpi orientali e cioè le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana. Si tratta di una soluzione provvisoria che prefigura però per il dopoguerra il distacco del Friuli e della Venezia Giulia dall’Italia.
I nazisti cercano di guadagnare consenso giocando l’uno contro l’altro i diversi gruppi nazionali. Garantiscono così l’egemonia italiana sui principali centri urbani, offrono concessioni (scuole e ruoli nell’amministrazione) agli sloveni ed ai croati, promuovono l’autonomismo dei friulani, cercando di accreditarli come una nazione a sé stante. Nel far tutto ciò, incontrano qualche consenso.
Contemporaneamente, anche per rafforzare l’immagine di un «mosaico etnico» governabile solo dal potere germanico, i tedeschi cercano di modificare il popolamento del territorio insediando in Friuli comunità armate cosacche e caucasiche in fuga dalla Russia. L’impatto sulla popolazione della Carnia coinvolte nell’operazione ed espropriate di terre e case, è drammatico.
Al di là dei tentativi di promuovere il collaborazionismo, la repressione antipartigiana, che coinvolge la popolazione civile, è particolarmente dura.
Numerose sono le stragi, fra le quali particolarmente sanguinosa è quella di Lipa, in provincia di Fiume. A Trieste suscita sgomento la pubblica impiccagione nell’aprile del 1944 di 51 ostaggi, fra cui donne e ragazzi, come rappresaglia per un attentato contro la Casa del soldato germanico avvenuta in centro città. Alla politica repressiva presiede il generale delle SS Odilo Globocnik, di origine triestina, mentre con i nazisti collaborano attivamente elementi italiani, come l’Ispettorato speciale di pubblica sicurezza, che si distingue per le torture contro antifascisti italiani, sloveni e croati.
A tutto ciò i nazisti uniscono la costruzione del campo di detenzione di polizia della Risiera di san Sabba, a Trieste, che serve da campo di transito per gli ebrei avviati allo sterminio (su più di 1200 provenienti dalla regione ne sopravviveranno meno di 40), e da luogo di esecuzioni di massa per prigionieri politici e partigiani. Al suo interno, un’équipe che ha già lavorato nei campi di sterminio polacchi realizza anche un forno crematorio. Complessivamente, alla Risiera vengono uccise tra le 2 e le 5000 persone.