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Inno a Oberdan
Testo d’approfondimento
Di fronte a quello che viene considerato ormai il «pericolo slavo», la risposta degli italiani è l’«irredentismo». Il termine è tipico della sacralizzazione della politica compiuta dalle «religioni della patria» tardo-ottocentesche. Irredente, cioè bisognose di redenzione, sono considerate le terre abitate da italiani ma situate fuori dai confini della Madrepatria:
la Venezia Tridentina e la Venezia Giulia. Tali definizioni geografiche vengono coniate negli anni Sessanta dell’Ottocento dal glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli, che teorizza l’esistenza di tre «Venezie», quella Euganea, quella Tridentina e quella Giulia, accomunate e distinguibili dalle altre regioni italiane grazie all’idioma veneto.
Primo «martire» – un altro termine sacrale passato alla politica – dell’irredentismo giuliano è il triestino Guglielmo Oberdan, impiccato nel 1882 per aver organizzato un attentato contro l’imperatore d’Austria.
Dell’irredentismo esistono diverse versioni. Quella democratica si richiama al pensiero di Mazzini, considera l’Austria una «prigione dei popoli» ed immagina un’Europa ristrutturata sulla base di Stati nazionali. Quella nazionalista non è interessata alla fraternità dei popoli, ma solo all’egemonia italiana sui vicini. Rimane un problema: è noto a tutti che la prosperità di Trieste (e in parte anche dell’Istria) dipende dall’inserimento nell’Impero asburgico, che ne sostiene lo sviluppo emporiale forzando per convenienza politica statale le regole del mercato, che altrimenti devierebbero i traffici verso i grandi porti del Mare del Nord. Fuori dall’Austria quindi, tutto il sistema economico giuliano crollerebbe. Di ciò sono ben convinti ad esempio i socialisti triestini ed un loro esponente, Angelo Vivante, lo scrive a chiare lettere nel suo Irredentismo Adriatico. Gli irredentisti democratici, primo fra tutti Scipio Slataper, rispondono con l’irredentismo culturale, che non si propone il mutamento dei confini politici, ma si batte per la difesa della nazione culturale italiana a Trieste, nell’incontro con gli altri popoli dell’Austria. Viceversa, gli irredentisti nazionalisti che hanno il loro massimo esponente in Ruggero Fauro Timeus, ribaltano il problema: in mano all’Italia Trieste non sarà più lo sbocco marittimo del retroterra, bensì il trampolino per l’espansione italiana nell’Europa centrale e balcanica.
Irredentisti democratici e nazionalisti si detestano al punto da sfidarsi a duello, ma quando la storia decide per loro e scoppia la Prima guerra mondiale, i giovani di entrambe le tendenze si arruolano volontari nell’esercito italiano e molti di loro cadono in guerra. Ricordiamo i triestini Guido Brunner, Guido Corsi, Spiro Xidias, Aurelio e Fabio Nordio, Ugo Polonio, Scipio Slataper, Carlo Stuparich; gli istriani Fabio Filzi, Pio Riego Gambini e Nazario Sauro, il dalmata Francesco Rismondo.
Documenti
- Discorso di Guglielmo Oberdan a Villa Glori, 27 ottobre 1879
- La morte di Oberdan (articoli da «Edinost», 20 e 24 dicembre 1882)
- L’irredentismo colturale (di Scipio Slataper)
- Le contraddizioni dell’Irredentismo (di Angelo Vivante)
- E a Trieste l’italianità non può essere che irredentismo (di Ruggero Timeus)
- Trieste romantica (di Leone Veronese)
- Stuparich e Timeus discutono di Scipio Slataper (di Giani Stuparich)
- La realtà di Trieste (di Giani Stuparich)